Vivo nella mia propria casa Mai ho imitato qualcuno E derido qualsiasi maestro Che non si derida da sé. (Nietzsche)
Ramanujan: I Limiti della Genialità
22.04.2013 12:59di Sergio Vincenti. Sono venuto a conoscenza di Ramanujan da un mio amico che mi ha prestato un libro di Marcus Du Sautoy intitolato L'enigma dei numeri primi. Questo è un libro dove gli appassionati di matematica possono leggere anche le vite, le vicissitudini e le straordinarie intuizioni dei più celebri matematici degli ultimi secoli e dei loro vani tentativi di addomesticare i numeri primi, e tra questi Srinivasa Ramanujan. Non sono un amante dei calcoli o degli algoritmi, anche se mi appassionano quelle formule semplici che ti aiutano a fare calcoli mentali complicati come ad esempio sapere se un tal numero è divisibile per tre o per sette o per undici o a trovare il quadrato di un numero che finisce col cinque, nonostante ciò mi ha colpito la figura di Ramanujan uomo. Srinivasa Ramanujan nasce vicino Madras in India il 22 dicembre 1887 da una famiglia di casta elevata, anche se poverissima, e si avvicina alla matematica grazie ad un libro ricevuto in regalo, Synopsis of elementary in pure and applied mathematics di George Carr. Questo libro era un testo di esercizi matematici e la facilità con cui li risolse, aveva quindici anni, senza avere una preparazione scolastica adeguata, gli fece capire di avere una predisposizione per i numeri. Ma se la sua Genialità gli permetteva di giungere a determinate formulazioni, la mancanza di una preparazione scientifica non gli permetteva una adeguata dimostrazione, Ramanujan affermava che certe ispirazioni le riceveva in sogno dalla divinità Namagiri che gli rivelava i segreti dei numeri. Desideroso di affermarsi, non trovò in patria studiosi con cui confrontarsi, per questo decise di scrivere ai più insigni matematici occidentali i risultati delle sue teorie. Fu un dubbioso ed incuriosito docente di matematica a Cambridge, l'illustre matematico inglese G.H. Hardy che gli rispose e che intrattenne con lui un lungo scambio epistolare fino a che, resosi conto delle indubbie doti di Ramanujan, fece di tutto per portarlo in Inghilterra. Ma il bramino tamil Ramanujan non voleva infrangere i dettami della sua religione che gli vietava di oltrepassare il mare, e solo l'intervento di un amico e l'interpretazione di un sogno lo convinsero a salpare alla volta di Cambridge, dove, dopo numerose collaborazioni con Hardy fu nominato Fellow della Royal Society. Dopo qualche tempo il senso di emarginazione e la difficoltà di adattamento minarono la psiche ed il fisico di Ramanujan, si rese conto che mentre la matematica, come un linguaggio universale, gli permetteva di relazionarsi con gli altri, la religione e la sua cultura orientale lo isolavano, bellissima la citazione raccolta nel libro L'uomo che vide l'infinito di Robert Kanigel: "Nell'india meridionale, i confini tra l'interno e l'esterno non erano così fissi ed immutabili come in Inghilterra [...] in India i muri sono più permeabili. Insetti odori e suoni portavano l'esterno all'interno. Il bramino Ramanujan era totalmente vegetariano, l'indiano Ramanujan prediligeva camminare scalzo piuttosto che avere i piedi costretti in rigide scarpe di cuoio. Dopo un paio di tentativi di suicidio dovuti alla depressione, tornò in India dove morì di tubercolosi a trentatre anni tra le braccia della giovane moglie.
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